giovedì 12 settembre 2013

POST LAUREAM

Quello della disoccupazione, negli ultimi anni, rappresenta uno dei temi più dibattuti dall’opinione pubblica. La crisi economica che ha coinvolto l’Europa ha determinato una grave fase involutiva dalla quale i paesi del Vecchio Continente starebbero pian piano uscendo. Il punto cruciale di questa complessa materia riguarda l’occupazione giovanile. In particolar modo di coloro che, dopo aver conseguito il titolo universitario, hanno non poche difficoltà nel trovare un lavoro coerente col percorso di studi affrontato. Molti ragazzi, temendo per il futuro e non intravedendo alcuna possibilità d’essere inseriti nel settore di propria competenza, decidono di lasciare il Bel paese nel tentativo di trovare maggiore fortuna all’estero. La “fuga dei cervelli” è la diretta conseguenza di un clima di profonda indifferenza nei confronti dei neo-laureati, le cui mortificate potenzialità vengono invece esaltate nei centri di ricerca europei e d’oltreoceano, che fondano sul merito la propria scala di valutazione. I più capaci andranno avanti a studiare, per poi raggiungere risultati ragguardevoli in ogni settore.  Negli ultimi anni, a causa della parabola discendente assunta dalle riforme della scuola pubblica, numerosi sono stati i tagli – spesso indiscriminati e orizzontali – effettuati ai danni delle Università e del comparto scuola pubblica da parte di taluni esecutivi, che hanno ritenuto dover umiliare il comparto scuola per far respirare il paese. A questo punto bisognerebbe chiedersi se sia lecito definire libero e democratico uno Stato che limita, di fatto, se stesso sotto la spinta delle nuove generazioni. Nell’attesa che le nostre istituzioni possano ravvedersi e decidere di investire maggiori risorse nella cultura della vita piuttosto che in quella della morte (è quantomeno paradossale che lo Stato italiano sperperi del denaro pubblico per acquistare gli F-35 e che poi non sia in grado di sovvenzionare il lavoro dei ricercatori) passiamo ora ad una più attenta analisi dei dati relativi all’occupazione giovanile nel nostro paese. Riferendoci a quanto riportato dal quotidiano economico “Il Sole 24 ORE”, possiamo affermare con buona approssimazione che il 41,5% dei laureati di primo livello decide di affrontare la specialistica e che, inoltre, parte di essi (29,4%), ad un anno dal conseguimento della laurea, risulta già inserito nel mondo del lavoro, percependo una media di 955 euro al mese. Il trend migliora notevolmente quando si analizzano i dati riguardanti i laureati specialistici: il 56,8%, dopo circa un anno, guadagna in media 1088 euro mensili. Nel giro di tre anni, inoltre, non soltanto si registrano degli incrementi occupazionali (74,1%), ma addirittura il contenuto della busta paga lievita cospicuamente (lo stipendio si aggira in media attorno ai 1261 euro al mese). Qualche difficoltà iniziale potrebbero incontrare i laureati in giurisprudenza e medicina, che una volta conseguito il titolo accademico dovranno prima vedersela con le attività di formazione post lauream. Francesco Castaldi

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