Tra poco meno di due
settimane il suono della campanella sancirà l’inizio del nuovo anno scolastico.
Un anno che, già prima di cominciare, presenta una serie di problemi che gli
impediscono di decollare. Com’è ben noto, il settore scuola pubblica nel nostro
paese è tra i meno valorizzati in assoluto, se escludiamo per un attimo
l’impellente crisi del sistema sanitario. E poco importa che lo scorso 26
agosto il Consiglio dei Ministri presieduto da Enrico Letta abbia approvato il
cosiddetto decreto “Salva Precari”: non sarà certamente un semplice «riordino dei contratti a termine del
settore pubblico» a risolvere le spinose problematiche relative all’impiego
nel mondo della scuola. Questa “riserva di concorso”, di cui tanto si parla
negli ultimi giorni, garantirebbe a 50.000 precari “virtuosi” che risulteranno
idonei di accedervi mediante bandi e concorsi pubblici. E intanto cresce di ora
in ora l’esasperazione degli oltre 150.000 precari che, stufi delle proprie mediocri
condizioni lavorative, già negli scorsi giorni hanno deciso di scendere in
piazza per tutelare i propri diritti e gridare il proprio amaro dissenso. Volendoci
riferire agli ultimi dati raccolti, circa il 20% del personale didattico
(docenti, collaboratori e tecnici)
risulta impelagato nella procellosa tormenta del precariato. Il ministro della
Pubblica Istruzione, Maria Chiara Carrozza, per far fronte alla sempre più
deleteria ed intollerabile questione relativa all’occupazione nel comparto scuola,
ha annunciato che nel prossimo triennio ci saranno 44.000 nuove assunzioni “di
ruolo”. A guidare con maggior vigore e determinazione la protesta contro i
tagli orizzontali promossi dagli ultimi esecutivi che hanno amministrato il
Belpaese sono i docenti del coordinamento romagnolo che, in un eloquente
comunicato stampa diffuso nelle scorse ore, fanno sapere che se lo Stato
dovesse decidere di non perseguire le istanze volte ad un sostanziale rinnovamento
del settore scuola, saranno costretti ad attuare «una politica di non collaborazione: non compiremo, cioè, tutte quelle
attività non previste dal contratto nazionale […] come il ricevimento
settimanale con i genitori, la sostituzione dei colleghi assenti, il
coordinamento di classe o le uscite didattiche. Lo Stato ci usa come
cavie, come banco di prova per togliere diritti ai lavoratori. Ma se ora non ci
restituisce i nostri – si legge nella nota – metteremo di fingere di averli. Cominceremo con la manifestazione del
4 e poi vedremo. Noi abbiamo scelto questo mestiere e continueremo con ogni
mezzo lecito a nostra disposizione, a difenderlo». Nella Capitale, intanto,
aumentano i fermenti, con gli insegnanti del Coordinamento Precari Scuola di
Roma che il prossimo 4 settembre, alle ore 15.00, attuerà un presidio in via
Panciani «[…] dobbiamo
dimostrare con la nostra presenza e la nostra determinazione nelle lotte che
ogni anno lo Stato stipula con noi precari più di 100.000 contratti a tempo
determinato e che, quindi, noi siamo essenziali alla scuola, che senza di noi
le scuole non funzionano […]. Se non vogliamo essere prima oscurati e poi usati
e gettati da uno Stato che dimostra di non avere alcun interesse né per la
nostra dignità né per il nostro lavoro, né tantomeno per le sorti
dell’istruzione pubblica, dobbiamo farci sentire con forza […]». In
Campania il “quadro clinico” della scuola pubblica italiana si fa sempre più
preoccupante: al dilagante fenomeno dell’assenteismo scolastico, infatti, si
accompagna anche quello relativo all’edilizia scolastica, sempre più carente
anche nel resto del Mezzogiorno. Si preannuncia un autunno caldissimo, con
manifestazioni e sit-in che stimoleranno anche quest’anno “l’inizio delle
ostilità” tra studenti, docenti e collaboratori scolastici da un lato e Governo
dall’altro, sperando che qualcosa possa finalmente cambiare. E mai come in
questi casi vale la frase, divenuta quasi proverbiale, che Aiello Raffaele, il
disincantato ragazzino protagonista del best seller di Marcello D’Orta, scrive
alla fine del suo tema: «Io speriamo che me la cavo». Francesco Castaldi
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